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506 | I Vicerè |
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— Voi state zitto! — esclamò Lucrezia, sprezzantemente, superba di fare atto d’autorità dinanzi a tutta la parentela.
— Vostra Eccellenza è la padrona... — continuava nondimeno il Sigaraio, con aria dignitosa, — ma non può offendere un galantuomo. Allora l’ho fatto io, il testamento falso?
E a un tratto la Sigaraia scoppiò in pianto:
— Quest’affronto!... Maria Santissima!...
Il duca, il marchese, Benedetto intervennero tutti insieme:
— Chi ha detto questo?... State zitta, in un momento simile... Silenzio, vi dico: che è questo modo?
— Tu accetti il testamento? — insisteva Lucrezia, rivolta al fratello.
— Sicuro che l’accetto!
— Allora ce la vedremo in tribunale! Intanto chiamate l’autorità per mettere i suggelli...
E la Sigaraia che si strappava i capelli, di là, inginocchiata dinanzi al morto:
— Parlate voi!... Ditelo voi se è vero!... Una simile ingiuria!... Dopo tant’anni che v’abbiamo servito!... Parlate voi dal paradiso, con la bocca della verità!...
E la lite scoppiò, più feroce di tutte le precedenti. Donna Ferdinanda non scherzava, all’idea che le avevano tolto la sua parte della successione; ma Lucrezia era implacabile, per la rivincita da prendere su Graziella che l’aveva trattata male e anche un po’ perchè sperava sull’eredità dello zio come un mezzo di mettere in piano l’amministrazione della propria casa: dacchè la teneva lei, non c’erano quattrini che bastassero. Il marchese, bonaccione, voleva evitare lo scandalo; ma Chiara, per fare il contrario di ciò che egli voleva, si schierò contro Giacomo con la zia. A poco a poco tutto l’amor suo pel marito s’era rivolto al bastardo; e poichè Federico era sempre vergognoso della paternità clande-