Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
I Vicerè | 525 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:527|3|0]]vor popolare aveva a poco a poco ricominciato ad abbandonare il deputato, poichè questi, dimentico del pericolo corso, persuaso d’aver consolidato stabilmente la propria posizione, non temendo più sommosse e rivolgimenti, aveva ripreso a mostrarsi partigiano, a badare agli affari proprii e degli amici piuttosto che a quelli del paese, a trattare il collegio come un feudo; ma, se la gente spicciola incominciava a mormorare, i pezzi grossi, invece, i capi della camarilla si lasciavano ammazzare per l’Onorevole, non giuravano per altro che per lui, per i suoi sani principii di moderazione: nel novembre di quell’anno Settantaquattro, egli fu rieletto, senza dimostrazioni, ma senza opposizioni: all'unanimità. Così Consalvo, dinanzi allo zio ed ai suoi amici celebrava la saldezza della loro fede, l’eccellenza del principio conservatore «da cui dipende la salute dell’Italia»; ma trovandosi dinanzi a qualcuno degli avversarii, affermava la necessità del progresso, la convenienza che anche la Sinistra facesse la prova del governo, perchè «come dice il celebre Tal dei Tali, i partiti debbono alternarsi al potere.» E se gli stavano di fronte due che la pensavano in modo contrario, taceva o dava ragione ad entrambi e torto a nessuno. Tranne che nel grande principio aristocratico, nel profondo sentimento di sprezzo verso la ciurmaglia, nella ferma opinione d’esser fatto veramente d’un’altra pasta, nell’ardente bisogno di comandare al gregge umano come avevano comandato i suoi maggiori, egli era disposto a concedere tutto. Non aveva neppure scrupolo di sostenere a parole il contrario di quel che pensava, se era necessario nascondere il proprio pensiero ed esprimerne un altro. Le parole «repubblica» e «rivoluzione» gli facevano passare brividi di paura per la schiena; ma, per secondare la corrente democratica, per farsi perdonare la sua nascita, s’ingraziava il partito estremo. Al Circolo Nazionale buona parte dei socii, pure accettando le istituzioni, onoravano, sopra tutti gli uomini del Risorgimento, Mazzini e Garibaldi; altre società, specialmente le popolari, festeg-