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I Vicerè 555

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:557|3|0]]Padre Camillo e da Monsignor Vicario, era venuto in luce un opuscolo intitolato: Nel terzo centenario della canonizzazione della Beata Uzeda, e stampato con molto sfoggio di margini e di colori. Tutti i parenti ne avevano ricevuto un esemplare, e Teresa che s’era confessata e aspettava di comunicarsi il giorno della gran festa, meditava il suo. La leggenda della santa, che ella aveva udito ripetere, a brani, in diverso modo, era in quel libricino narrata per filo e per segno.

«Ximena, della illustre prosapia degli Uzeda,» così cominciava il primo capitolo, «fu figlia al Vicerè Consalvo ed alla nobile Catterina dei baroni di Marzanese. Fin dai suoi teneri anni, diede esempio di edificazione alla famiglia, facendo sua delizia delle sacre immagini e degli ufficii divini. Quantunque per naturale elezione Essa volesse dedicar la sua vita allo Sposo Celeste, pure le ragioni della politica persuasero il padre suo a farla sposa del conte di Motta-Reale, potente signore spagnuolo, ma uomo d’efferato animo e senza timor di Dio.» Seguiva la narrazione dei rifiuti opposti da Ximena, dei lunghi pianti, del contrasto tra l’amor filiale ed il celeste; «ma un giorno, essendo la fanciulla in età di quindici anni, avverossi singolare prodigio: un angelo apparve a Ximena, il quale le disse: il Signore t’ha eletta per redimere un’anima: obbedisci.» Allora la fanciulla aveva accettato il partito.

Il secondo capitolo descriveva il castello del conte, posto sopra un luogo eminente, «a cavaliere di più strade battute dai mercatanti,» e narrava le scelleratezze del suo signore. «Aggrediva egli i viandanti, li lasciava nudi, legati ad un albero in mezzo alla strada; oppure li menava prigioni o li spegneva tra spasimi crudeli.» La sua vita era un’orgia; «egli faceva oltraggio alle donne, gozzovigliava da mane a sera, bestemmiava Dio e i Santi, e si prendeva beffe dei Ministri del Cielo.» E i tormenti inflitti alla sposa erano materia del terzo capitolo. «Schernita tuttodì per le sue pratiche devote, costretta a udire gl’impuri parlari di

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