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560 | I Vicerè |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:562|3|0]]suo terrore cresceva, l’agghiacciava, le sue gambe piegavansi, brividi di freddo le scendevano dalla nuca giù per la schiena... Ah, quella cassa!
Con gli occhi serrati, ella cadde in ginocchio, smarrita, tremante, folle dalla paura. Una voce al suo fianco mormorò:
— Pregala per tuo padre... promettile che sarai buona come lei...»
Dalla paura, per andar subito via, per non veder quell’orrore, ella rispose con gli occhi serrati:
— Sì...
E passò dell’altro tempo. Il principe migliorò e ricadde, la duchessa venne al palazzo col solo primogenito; la trama dei consigli, delle persuasioni, degli incitamenti si strinse intorno a Teresa. La madrigna le disse che Giovannino, per non esser d’ostacolo alla felicità del fratello, aveva dato l’esempio dell’obbedienza, se n’era andato ad Augusta, dove domiciliavasi per badare alle proprietà. Teresa consideravasi impegnata dinanzi alla Beata: acconsentì. Mise un patto solo: disse alla madrigna:
— Farò quel che vorrete, purchè il babbo mi prometta una cosa. Che faccia pace con mio fratello e consenta almeno a rivederlo, se non vuole che torni a vivere qui. Che finisca la lite con le zie e venga a un accordo. Non sarà difficile concluderlo, purchè ciascuno ceda in qualche cosa. Se volete, parlerò io stessa con le zie. — La sua voce era grave, il suo sguardo velato.
— Sei una santa! — esclamò donna Graziella. — Tua madre certo t’ispira! Vedremo così la pace tornare fra tutti!... Parlerò subito a tuo padre, ed otterremo ciò che tu vuoi.
Il domani, infatti, le annunziò:
— Tuo padre acconsente. Consalvo verrà qui il giorno in cui ci verrà il tuo promesso. Andremo ad invitare noi stessi le zie; e per la lite speriamo che si venga all’accordo.