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568 I Vicerè

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:570|3|0]]loro: «La repubblica è il regime ideale, il sogno sublime che un giorno sarà realtà, poichè essa suppone uomini perfetti, virtù adamantine, e il costante progresso dell’umanità ci fa antivedere il giorno del suo compimento.» E dichiarava: «Io sono monarchico per la necessità di questo periodo transitorio. Milioni e milioni d’uomini liberi possono volontariamente riconoscersi e vantarsi sudditi di un uomo come loro? Io non ho nessun padrone!» E in questo era sincero, perchè avrebbe voluto esser egli stesso padrone degli altri.

Il duca e i suoi malvacei amici, ostinandosi a giurar sulla Destra, aspettando il ritorno di Sella e Minghetti come quello di Nostro Signore, avevano creato un’Associazione Costituzionale, di cui tuttavia l’onorevole deputato non aveva voluto esser capo. Anch’egli adesso, in cuor suo, riconosceva che la strada non aveva uscita; ma oramai egli stava per toccare la settantina, era stanco, non gli restava più nulla da fare. In meno di venti anni aveva messo insieme una fortuna di due milioni, le cure della quale richiedevano tutto il resto della sua attività. Deciso veramente a ritirarsi dalla vita pubblica, aveva un’ultima ambizione: quella d’essere nominato senatore; se, quindi, per finir bene dinanzi all’opinione pubblica, non gli conveniva abbandonar bruscamente il partito al quale, dopo il Settantasei, s’era legato ancora più stretto, non gli conveniva neppure muover guerra troppo aperta a quella Sinistra da cui aspettava la seggiola a Palazzo Madama. Quindi aveva dato a Benedetto Giulente la presidenza della Costituzionale, contentandosi del posto di semplice gregario. Frattanto, contro questa società era sorta una Progressista, alla quale s’era fatto ascrivere Consalvo. «Zio e nipote l’un contro l’altro armato? Il ragazzo che si ribella al vecchio?» dicevano in piazza; ma le eterne male lingue soffiavano che la cosa era fatta d’amore e d’accordo, che il duca era ben contento d’avere il nipote nel campo contrario, come il principino si giovava del credito dello zio tra i conservatori. Del resto, quantunque consocio della Progressista,

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