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570 I Vicerè

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Egli lasciò che dicessero: poi ripetè:

— L’ideale della democrazia è aristocratico.... Che cosa vuole infatti la democrazia? Che tutti gli uomini sieno eguali! Ma eguali in che cosa? Forse nella povertà e nella soggezione? Eguali nelle dovizie, nella forza, nella potenza... — E poichè, dopo un momento di stupore, le esclamazioni ricominciavano, egli troncò di botto la discussione: — Adesso passiamo all’altro articolo: Voto al governo per la costituzione d’un bacino di carenaggio...


Egli andava adesso qualche volta da suo padre. Non sentiva più avversione contro di lui: lo zelo, la febbre con la quale s’occupava della cosa pubblica, la tensione di tutte le sue energie al conseguimento del proprio ideale, non lasciavano posto a nessun altro sentimento nè d’odio nè d’amore. Quanto al principe, le visite del figliuolo gli mettevano i brividi addosso, ed appena lo udiva annunziare dal nuovo maestro di casa — poichè Baldassarre, cocciuto come un vero Uzeda, era proprio andato via — ficcava la sinistra in tasca e non la traeva se non per spianarla, aperta col segno delle corna, dietro al figliuolo, quando costui si decideva a sgomberare. I loro discorsi s’aggiravano sopra cose indifferenti, come fra estranei; il principe fingeva di non sapere che Consalvo fosse il primo magistrato civico; ma insomma adesso stavano insieme da cristiani.

Teresa, ora duchessa Radalì, vedeva in tal modo compensato il proprio sacrifizio. Eccettuati i primissimi tempi, quando la memoria di Giovannino non era interamente morta nel suo cuore, e più grande le era parsa la superiorità di lui sull’altro fratello, ella non aveva del resto sofferto quanto aveva temuto. Il duca Michele non solo la trattava bene e le lasciava ogni libertà; ma le dimostrava, a modo suo, un po’ alla grossa, un affetto vivo e sincero. La duchessa madre anche lei, dalla soddisfazione di vedere riusciti i proprii disegni, le faceva gran festa e la metteva perfino a parte del governo della casa. Il barone se n’era andato ad Augusta, ba-

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