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616 I Vicerè

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:618|3|0]]da meno degli altri, perchè non si dicesse che ella sola metteva ostacoli all’accordo generale, aveva consentito al cambio; ma nulla al mondo l’avrebbe indotta a sfrattar dal palazzo.

— È giusto.... Va bene.... — disse Consalvo. — Grazie!... C’intenderemo.

Da quel giorno Teresa andò migliorando più rapidamente. Un coro di lodi, per quel che aveva fatto, per la nobile rinunzia di cui aveva preso l’iniziativa e che aveva indotto tutti gli altri ad accettare, si levò da ogni parte. Il vescovo in persona venne a trovarla, appena ella fu in grado di riceverlo; e mentr’ella gli baciava la mano, piangendo, le disse: «Figlia mia, ho saputo. Sii benedetta ora e sempre pel bene che fai.» Ella scosse il capo, mormorando: «Che è questo!...» poi, anche a nome della suocera e del marito, lo pregò di distribuire diecimila lire di elemosine. Già gli altri prelati avevano ricevuto commissione di far dire messe pel riposo delle anime del principe e del barone.

I Radalì avevano già stabilito di lasciare il palazzo Francalanza per andarsene alla Tardarìa, appena Teresa sarebbe stata in grado di sopportare il viaggio. Dal giorno funesto, solo Michele aveva rimesso piede nella casa macchiata dal sangue del fratello; ma, pei preparativi della partenza, era necessario che una delle donne vi si recasse. E poichè la prova era più dura alla madre, Teresa andò lei accompagnata dal marito. Salì le scale appoggiata al suo braccio; ma, entrando nell’anticamera, fu costretta a sedere, a fiutar dell’etere. Riavutasi, compì quel che aveva da fare con la fermezza antica. Le stanze del morto erano tutte chiuse.

Il domani partirono per la montagna, dove restarono tutta l’estate e l’autunno.


Frattanto Consalvo stabilivasi definitivamente al palazzo paterno. Lasciato alla principessa il quartiere di mezzogiorno, egli s’era riservato quello di gala, ma pei

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