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622 I Vicerè

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:624|3|0]]metteva, l’eredità di tasse, di debiti, di odii che gli lasciava tra le braccia? Ora egli non protestava più contro le recriminazioni, le rampogne vivaci che i suoi colleghi lanciavano contro l’ex-sindaco. «Inganno!... Tradimento!... Birbonata!... Azione degna di colpi di coltello!...» tutte queste parole echeggiavano invece nel suo pensiero; egli riconosceva che erano giuste, comprendeva finalmente che quel birbante da lui iniziato alla vita pubblica gli portava via il posto tanto aspettato e gli sparava calci per tutta gratitudine. E il duca? Il duca che gli aveva tante volte promesso di lasciare a lui, ritirandosi, l’eredità politica?... Il duca, dal quale egli corse, gli disse:

— È vero, t’avevo promesso il mio appoggio, ma in altri tempi, quando non potevo prevedere la situazione attuale... Ora che si presenta Consalvo, capisci tu stesso in che imbarazzo mi trovo...

«Dunque è vero? Anch’egli è traditore, peggio del nipote?» Pensava Benedetto; ma, ad alta voce:

— Vostra Eccellenza però non ignora che Consalvo è di sinistra!... che appartiene alla Progressista, mentre Vostra Eccellenza...

— Pensi ancora alla destra e alla sinistra? — esclamò ridendo il duca, che aveva in tasca la formale promessa d’un seggio al Senato. — Non vedi che i partiti vecchi sono finiti? che c’è una rivoluzione? Chi può dire che cosa uscirà dalle urne a cui hanno chiamato la plebe? Un vero salto nel buio!... E del resto, a che potrà mai giovare il mio appoggio? — Se mi presentassi io stesso, — per giustificarsi, riconosceva finalmente la verità, — resterei nella tromba!... E vuoi che gli elettori ascoltino la mia voce? L’appoggio che posso dare è puramente ideale... forse sarà una pietra al collo che affonderà il candidato.

Allora Giulente corse da Consalvo. Era in uno stato d’esasperazione violenta; dinanzi al vecchio non aveva osato infrangere l’antico rispetto, ma sentiva il bisogno di sfogare, di dire il fatto suo a quel birbante.

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