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I Vicerè 631

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:633|3|0]]loro idee, era la sola naturale. Egli riconobbe questa convenienza. Fu stabilito l’accordo, ma ciascuno si mise all’opera per proprio conto.

La legge della riforma era ancora dinanzi al Senato che già ogni sera riunivasi gente in casa del principe: nobili parenti, impiegati comunali, maestri elementari, avvocati, sensali, appaltatori: un veglione. Il quartiere di gala era aperto al pubblico; egli non relegava gli elettori nelle stanzette buie dell’amministrazione, come aveva fatto suo zio; spalancava le nobili Sale Gialla e Rossa, il Salone degli specchi, la Galleria dei ritratti. Tutti erano animati dal più vivo entusiasmo; la gente minuta che veniva la prima volta a palazzo, che sedeva sulle poltrone di raso sotto gli sguardi immobili dei Vicerè, si sarebbe fatta tagliare a pezzi per quel candidato che prometteva mari e monti, il bene generale e quello particolare d’ogni singolo votante. Un perito agrimensore compose un opuscolo intitolato: Consalvo Uzeda principe di Francalanza, brevi cenni biografici, e glie lo presentò. Egli lo fece stampare a migliaia di copie e diffondere per tutto il collegio. Il ridicolo di quella pubblicazione, la goffaggine degli elogi di cui era piena non gli davano ombra, sicuro com’era che per un elettore che ne avrebbe riso, cento avrebbero creduto a tutto come ad articoli di fede. Un infinito disprezzo di quel gregge lo animava, e un rancore violento contro chi tentava sbarrargli la via. Perchè, infatti, come l’agitazione cresceva, gli attacchi della Lima divenivano più acri, e una quantità di fogli, foglietti e bollettini elettorali, sorti per sostenere questa o quella candidatura, o per speculare sulla curiosità che induceva la gente a buttar via i soldini in carta sporca, lo aggredivano mattina e sera, glie ne dicevano di cotte e di crude. Dinanzi alle persone ne rideva; dentro s’arrovellava: potendo, avrebbe messo il bavaglio a quei libellisti, li avrebbe banditi, imprigionati. Ma l’accusa che più lo feriva, che lo faceva veramente sanguinare, era quella che cominciavano a lanciare: «Elettori, il candidato che noi vi presentiamo

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