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I Vicerè 635

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Contenendo le risa, Consalvo entrò. Appena lo vide, Lucrezia levossi.

— Ti saluto, ho da fare, — disse alla nipote; e senza guardarlo, quasi non l’avesse scorto, ma calcando la voce, e passandogli dinanzi gonfia e impettita, ripetè: — Riderà bene chi riderà l’ultimo!

Consalvo si mise a ridere.

— Quella pazza l’ha con me!... Che diavolo pretendeva? Che le hanno fatto?

— Poveretta, non ne dir male, — rispose Teresa, con pietosa indulgenza.

— È già una fortuna che tu non le dia ragione! Voleva che pei begli occhi di suo marito io rinunziassi all’avvenire? E adesso, tutt’a un tratto, arde d’affetto per questo marito prima vilipeso?...

Teresa non rispose; fece solo un gesto di sovrano compatimento.

— E che voleva da te? Ti parlava dell’elezione?

— Sì.

— Voleva il tuo voto, ah! ah!

— No, credeva che io potessi giovarle.

— E che le hai risposto?

— Che non posso nulla.

— E per me? — soggiunse rapidamente Consalvo.

— Per nessuno, fratello mio!... Io non mi occupo di queste cose.

— Ma i tuoi Monsignori? — esclamò egli sorridendo.

— Nè io nè essi parliamo di queste cose.

— Di che parlate allora, spiegami un po’?

Al tono leggermente canzonatorio di Consalvo, la duchessa chiuse gli occhi un momento, quasi ad attinger forza per affrontare le contraddizioni, quasi a pregare pel miscredente.

— Parliamo, in questi giorni, d’un gran miracolo che il Signore ha permesso. Non hai sentito discorrere della Serva di Dio?

Egli sapeva qualcosa, così in aria, d’un preteso pro-

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