Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
I Vicerè | 635 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:637|3|0]]
Contenendo le risa, Consalvo entrò. Appena lo vide, Lucrezia levossi.
— Ti saluto, ho da fare, — disse alla nipote; e senza guardarlo, quasi non l’avesse scorto, ma calcando la voce, e passandogli dinanzi gonfia e impettita, ripetè: — Riderà bene chi riderà l’ultimo!
Consalvo si mise a ridere.
— Quella pazza l’ha con me!... Che diavolo pretendeva? Che le hanno fatto?
— Poveretta, non ne dir male, — rispose Teresa, con pietosa indulgenza.
— È già una fortuna che tu non le dia ragione! Voleva che pei begli occhi di suo marito io rinunziassi all’avvenire? E adesso, tutt’a un tratto, arde d’affetto per questo marito prima vilipeso?...
Teresa non rispose; fece solo un gesto di sovrano compatimento.
— E che voleva da te? Ti parlava dell’elezione?
— Sì.
— Voleva il tuo voto, ah! ah!
— No, credeva che io potessi giovarle.
— E che le hai risposto?
— Che non posso nulla.
— E per me? — soggiunse rapidamente Consalvo.
— Per nessuno, fratello mio!... Io non mi occupo di queste cose.
— Ma i tuoi Monsignori? — esclamò egli sorridendo.
— Nè io nè essi parliamo di queste cose.
— Di che parlate allora, spiegami un po’?
Al tono leggermente canzonatorio di Consalvo, la duchessa chiuse gli occhi un momento, quasi ad attinger forza per affrontare le contraddizioni, quasi a pregare pel miscredente.
— Parliamo, in questi giorni, d’un gran miracolo che il Signore ha permesso. Non hai sentito discorrere della Serva di Dio?
Egli sapeva qualcosa, così in aria, d’un preteso pro-