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I Vicerè 647

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I Vicerè.djvu{{padleft:649|3|0]]delle sedie, stretti come acciughe gli spettatori in piedi; nella terrazza una folla variopinta, sulla quale fiorivano gli ombrellini di molte signore che non avevano trovato posto giù. Ma l’aspetto più sontuoso era quello dei portici: tutta la migliore società vi s’era riunita, le dame nelle prime file, gli uomini dietro, ed un ronzìo come d’alveare si levava tutt’intorno: chiacchiere eleganti, profezie sull’esito delle elezioni, battibecchi politici, ma specialmente esclamazioni d’impazienza, tentativi d’applausi di chiamata, come al teatro, che facevano voltare il capo a tutti e cavare gli orologi. Scoccava già mezzogiorno, il campanone di San Nicola dava i primi tocchi, quando venne da lontano un sordo clamore. «È qui, è qui... Arriva... ci siamo!...» S’udivano adesso distintamente le grida: «Viva Francalanza... Viva il nostro deputato!...» e scoppii d’applausi il cui fragore cresceva, rimbombava nei corridoi, faceva tremare i vetri, destava tutte le sopite eco del monastero. Dalla palestra la folla s’era levata in piedi, i colli erano tesi, gli sguardi fissi sull’arco d’ingresso. Squillarono a un tratto, intonate dalle tre musiche, le prime note della marcia reale mentre apparivano le prime bandiere, e un urlo formidabile, un vero uragano d’applausi, di evviva, di grida confuse scoppiò nel vasto recinto, riecheggiò tempestosamente tra l’altra folla che circondava il candidato.

Consalvo avanzavasi, pallidissimo, ringraziando appena con un cenno del capo, assordato, abbacinato, sgominato dallo spettacolo. Dietro di lui, nuovi torrenti si riversavano nelle terrazze, nei portici, nell’arena, vincendo la resistenza dei primi occupanti; ma tuttavia migliaia di mani applaudivano, sventolavano fazzoletti e cappelli; le signore, in piedi sulle seggiole, salutavano coi ventagli e gli ombrellini, formavano gruppi pittoreschi sul fondo scuro della gran folla mascolina; e la ovazione si prolungava, le grida salivano ad acuti stridenti alle riprese della marcia, i battimani scrosciavano come una violenta grandinata sulle tegole. Qua e là piccoli gruppi di avversarii o d’indifferenti restavano silenziosi, ma dall’alto

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