< Pagina:I promessi sposi (1840).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

capitolo primo 19

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|I promessi sposi (1840).djvu{{padleft:25|3|0]]si degnino di mettersi ne’ miei panni. Se la cosa dipendesse da me,... vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca...”

“Orsù,” interruppe il bravo, “se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... lei c’intende.”

“Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli...”

“Ma,” interruppe questa volta l’altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, “ma il matrimonio non si farà, o...” e qui una buona bestemmia, “o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e...” un’altra bestemmia.

“Zitto, zitto,” riprese il primo oratore: “il signor curato è un uomo che sa il viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purché abbia giudizio. Signor curato, l’illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente.”

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.