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CAPITOLO II.
Dei Legnami.
I Legnami (come dice Vitruvio al cap. IX. del 2. lib.) si deono tagliare l’autunno e per tutto il verno, perciochè allora gli alberi ricuperano dalle radici quel vigore e sodezza, che nella primavera e nell’estate per le frondi, e per i frutti era sparso: e si taglieranno mancando la luna; perchè quell’umore, che a corrompere i legni è attissimo, a quel tempo è consumato: onde non vengono poi da tignole, o da tarli offesi. Si deono tagliare solamente sino al mezzo della midolla, e cosi lasciarli finchè si secchino; perciochè stillando; uscirà fuori quell’umore, che sarà atto alla putrefazione. Tagliati, si riporranno in luogo, ove non vengano caldissimi Soli, nè impetuosi venti, nè piogge: e quelli massimamente deono essere tenuti al coperto, che da se stessi nascono; ed acciochè non si fendano, e egualmente si secchino, si ungeranno di sterco di bue. Non si deono tirare per la rugiada, ma dopo il mezzo dì: nè si deono lavorare, essendo di rugiada bagnati, o molto secchi; perciochè quelli facilmente si corrompono, e questi fanno bruttissimo lavoro: nè avanti tre anni saranno ben secchi per uso de’ palchi, delle porte, e delle finestre. Bisogna che i padroni, che vogliono fabbricare, s’informino bene dai periti della natura dei legnami, e qual legno a qual cosa è buono, e quale no. Vitruvio al detto luogo ne dà buona istruzione, ed altri dotti uomini, che ne hanno scritto copiosamente.
CAPITOLO III.
Delle Pietre.
DElle pietre altre abbiamo dalla natura, altre sono fatte dall’industria degli uomini: le naturali si cavano dalle pietraje e sono o per far la calce, o per fare i muri; di quelle, che si tolgono per far la calce, si dirà più sotto. Quelle delle quali si fanno i muri, o sono marmi e pietre dure che si dicono anco pietre vive, ovvero sono pietre molli e tenere. I marmi e le pietre vive si lavoreranno subito cavate; perchè sarà più facile il lavorarle all’ora, che se per alcun tempo fossero state all’aere, essendo che tutte le pietre, quanto più stanno cavate, tanto più divengono dure; e si potranno metter subito in opera. Ma le pietre molli e tenere, massimamente se la natura e sofficienza loro ci sarà incognita, come quando si cavassero in luogo ove per addietro non ne fossero state cavate, si deono cavare l’estate e tenere allo scoperto, nè si porranno anzi due anni in opera: si cavano l’estate, acciocchè non essendo elle avvezze a’ venti alle pioggie ed al ghiaccio, a poco a poco s’induriscano e divengano atte a resistere a simili ingiurie de’ tempi. E tanto tempo si lasciano, acciocchè scelte quelle che saranno state offese; siano poste nelle fondamenta e l’altre non guaste, come approvate; si pongano sopra la terra nelle fabbriche: perchè lungamente si manterranno.
Le pietre, che si fanno da gli uomini, volgarmente per la loro forma si chiamano quadrelli: queste deono farsi di terra cretosa bianchiccia e domabile; si lascierà del tutto la terra ghiarosa e sabbioniccia. Si caverà la terra nell’autunno, e si macererà nel verno e si formeranno poi i quadrelli commodamente la primavera. Ma se la necessità strignesse a formagli il verno o la estate; si
copri-