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CAPITOLO V.
Dei ponti di legno, et di quelli avertimenti, che nell’edificarli si devono avere.
SI fanno i Ponti di legno, ovvero per una occasion sola, come quelli, che si fanno per tutti quelli accidenti, che nelle guerre sogliono avenire: della qual sorte celebratissimo è quello, che ordinò Iulio Cesare sopra il Rheno. ovvero acciocchè continuamente abbiano a servire a comodo di ciascuno. Di questa maniera si legge che fu edificato da Hercole il primo ponte che fosse giamai fatto sopra il Tevere nel luogo, dove fu poi edificata Roma, quando avendo egli occiso Gerione menava uittorioso il suo Armento per l’Italia e fu detto Ponte sacro: ed era situato in quella parte del Tevere, dove poi fu fatto il Ponte Sublicio dal Re ancora Martio, il quale era similmente tutto di legname e le sue travi erano con tanto artificio congionte, che si potevano levare e porre secondo il bisogno, ne vi era ferro, o chiodo alcuno; come egli fosse fatto non si sa, se non che gli scrittori dicono, ch’era fatto sopra legni grossi, che sostenevano gli altri, da quali egli prese il nome di Sublicio, perchè tai legni in lingua Volsca si chiamavano sublices. Questo fu quel ponte, che con tanto beneficio della sua Patria e gloria di se stesso, fu difeso da Oratio Cocle. Era questo ponte vicino a Ripa, ove si vedono alcuni uestigi in mezzo del fiume, perchè fu poi fatto di pietra da Emilio Lepido Pretore e ristorato da Tiberio Imperadore e da Antonino Pio. Si devono fare questi tai ponti, che siano ben fermi, ed incatenati con forti e grosse travi, di modo che non sia pericolo che si rompano, ne per la frequenza delle persone e degli animali, ne per il peso de’ carriaggi e dell’artigliarie, che passerà lor sopra; ne possano esser rovinati dalle innondazioni e dalle piene dell’acque. E però quelli, che si fanno alle porte delle Città, i quali chiamiamo ponti levatori, perchè si possono alzare e callare secondo il uolere di quelli di dentro; si sogliono lastricare di uerghe e lame di ferro, acciocchè dalle ruote de’ carri e da’ piedi delle bestie non siano rotti e guasti. Devono esser le travi, così quelle, che uanno conficate nell’acqua, come quelle che fanno la larghezza e lunghezza del ponte, lunghe e grosse secondo che ricercherà la profondità, la larghezza e la velocità del fiume. Ma perchè i particolari sono infiniti, non si può dar di loro certa e determinata regola. Onde io porrò alcuni disegni e dirò le lor misure; da quali potrà ciascuno facilmente, secondo che se gli offerirà l’occasione, esercitando l’acutezza del suo ingegno; pigliar partito e far opera degna di esser lodata.
CAPITOLO VI.
Del Ponte ordinato da Cesare sopra il Reno.
AVendo Giulio Cesare (come egli dice nel quarto Libro de’ suo Commentarj) deliberato di passar il Reno, acciocchè la possanza Romana fosse sentita ancora dalla Germania; e giudicando che non fosse cosa molto sicura, ne degna di lui, ne del Popolo Romano, il passarlo con