< Pagina:Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
88 TEOCRITO

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu{{padleft:129|3|0]]

Padre Cronide, e voi che vecchiaia ignorate, o Celesti,
deh!, se questo avvenisse, se dopo duecento progenie,
su l’Acheronte, donde nessuno mai torna, qualcuno
giungesse a dirmi: «Vola su tutte le bocche l’amore
tuo, del fanciullo tuo: ne parlan, piú ch’altri, i garzoni».

Però di tutto questo faranno i Beati Celesti
ciò ch’essi vogliono: io, cantando che tu sei vezzoso,
non mi vedrò di certo spuntare sul naso bugie.
Ché, se talora mi mordi, ben presto mi sani dal morso,
con un piacere doppio; sicché me ne vo’ con la mancia.

O Megaresi di Nisa, che tutti avanzate nei remi,
siate felici sempre, perché tanto onore faceste
a Dioclèo, che morí pel suo vago, che d’Attica giunse.

Sempre al suo tumulo attorno s’addensano a frotte i fanciulli,
come nel cielo brillò Primavera, alla gara del bacio;
e chi piú dolcemente le labbra alle labbra congiunse,
carico piú di ghirlande ritorna alla madre diletta.

Deh, fortunato chi deve sentenza dettar di quei baci!
Ei spesso pregherà Ganimede dall’occhio fulgente
che la sua bocca pari divenga a la pietra di Lidia
onde chi cambia l’oro discévera il buono dal falso.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.