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XVIII | PREFAZIONE |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu{{padleft:17|3|0]] diamo, al solito, senza giurarla, di questa intuizione. Ma gli epigrammi conservati valgono proprio pochino pochino. Asclepiade, al pari di tutti i suoi cartofilaci colleghi, vi sfoggia le piú ardenti dichiarazioni di appassionatezza erotica; ma con un po’ di fiuto si capisce subito che il suo vero ispiratore non è già il piccoletto Dio faretrato che piombava sul cuore di Saffo come vento su l’alpe, bensí il modesto lumicino ad olio, la classica lucerna, che egli, sempre al pari dei suoi colleghi, invoca tanto volentieri. La espressione dei loro veri sentimenti consiste in certi sdilinquimenti e smorfie e concettini, che davvero rimasero ignoti alla grande arte classica, compreso il precursore Euripide, e di cui ragioneremo con la debita compiutezza in luogo debito, e cioè nella prefazione a Callimaco, vero alessandrino, e non già finto, d’occasione, come, per fortuna dell’arte, fu il siciliano Teocrito. Con essi incominciano i baciamani e i tenerumi. «Gli alessandrini, dice il Couat, e dice benissimo, parlano d’una làide o duna Filenio come in altri tempi si parlerà di Filli e di Clori. On y étudie la carte du tendre.» Giustissimo. E su quella carta, il paese della passione non c’è.
E dov’è questo famoso «sentimento della natura»? So bene che è luogo comune asserire che la poesia classica lo conobbe poco. Però questo giudizio è, almeno in parte, derivato dal fatto che i critici, e massime i critici delle letterature classiche, ed i «filologi», in genere sogliono badare piú al peso che alla qualità. Sicuramente, nella poesia classica non c’è quel lusso di descrizioni che contraddistingue certa poesia moderna. Ma nessun dubbio che i brevi quadretti intercalati nelle comparazioni d’Omero, e i preziosi accenni di Saffo, e le calde pitture d’ibico, comprano cento volte la piú gran parte di quelle descrizioni. Ma che dire poi dei mirabili cori delle «Nuvole», degli «Uccelli», delle «Rane», de «La Pace» di Aristofane? Qui non abbiamo piú né accenni, né bozzetti, bensí quadri; e quadri che trovano ben pochi riscontri anche nella poesia moderna, anche se li andiamo