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Giacché, senza andare ormai troppo più per le lunghe, è veramente indiscutibile benemerenza dell alessandrinismo la creazione della «vita letteraria» con le sue consorterie, le sue camorre, le sue congiure, le sue fìnte amicizie, e i suoi veri ed implacabili rancori.
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Ma più d’una volta il lettore sarà stato spinto ad obiettare: «E Teocrito?»
È vero. E gran parte dei giudizi favorevoli che disconvengono alla poesia alessandrina, si attagliano invece egregiamente a Teocrito.
Ma Teocrito è un verace usignolo, sperduto, per uno dei tanti capricci del caso, nel mondo delle cornacchie. Non è giusto che di questa singoiar posizione abbiano ad esser beneficiati i tigliosi cartofìlaci distillatori di libri.
Ad illuminarci su la vera natura del genio di Teocrito, giova forse una iniziale disposizione cronologica dei suoi idilli.
Non parlo propriamente della cronologia materiale. Questa è incerta e discussa. Ma importa e non importa. La linea di sviluppo ideale di un poeta, non coincide, o per lo meno, non coincide sempre esattamente con la materiale composizione e pubblicazione delle sue opere. La produzione d’ogni artista veramente geniale, presenta le sue fasi, come ogni fenomeno di vita; ma le varie fasi, pure avendo ciascuna una determinata fisionomia, e limiti ben segnati, interferiscono spesso l’una nell’altra, con anticipazioni e ricorsi. Spesso un’opera della prima gioventù, farà presagire, con possente oscuro slancio, il periodo maturo: un’opera della maturità, e magari della vecchiezza, avrà tutta la rorida freschezza dell’adolescenza. Cosi vediamo spesso un tenero arboscello gravarsi d’un unico frutto precoce, troppo pesante pei