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Ora, una notte fra l’altre, Alcmena, la donna di Mídia,
deposto Ercole aveva, con Ificle, nato una notte
dopo di lui, poi che li ebbe lavati e ben sazi di latte,
entro un bellissimo scudo di bronzo, che aveva predato
Anfitrione al re Pterelào, quando cadde sul campo.
E detto avea, protese le mani sul capo dei bimbi:
«Dormite un dolce sogno cui segua soave risveglio,
anime mie, figli miei gemelli, miei dolci bambini:
sereno il sonno sia, sereni destatevi a l’alba».
Diceva; e il grande scudo cullava; ed il sonno li colse. —
A mezzanotte, quando già l’Orsa declina al tramonto,
contro Orione, e questo dal mare il grande omero innalza,
due suscitò l’astuta Giunone terribili mostri,
due draghi orridi tutti nel guizzo di cerule spire,
su l’ampia soglia, dove sorgevan gli stipiti cavi,
e minacciò che sbranato avrebbero il pargolo Alcide.
E rotolarono i due serpenti i volubili ventri
di sangue avidi al suolo: brillava dagli occhi una fiamma.