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18 | TEOCRITO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu{{padleft:55|3|0]]TEOCRITO t E quel disamorato, a terra figgendo lo sguardo, sede’ sul letto, e quivi seduto restando, mi disse: «Simèta’mia, davvero tu m’hai prevenuto di quanto io superato ho ieri Filino garbato a la corsa. Chiamato alla tua casa tu m’hai prima eh io ci venissi. Sarei, pel dolce Amore, sarei questa notte venuto, al primo buio, e due, tre amici m’avrebber seguito, di Bacco i pomi a te recando in un lembo del manto, cinto di pioppo bianco, del ramo che ad Ercole è sacro, stretto in corone, tutto di nastri di porpora avvolto. Dimmi dond’ebbe principio l’amor, veneranda Selène. Se ricevuto m’avessi, sarebbero state dolcezze: però che sdutto e snello mi dicon fra i giovani tutti, e la tua bocca bella soltanto baciar mi bastava. Ma se respinto m’avessi, se l’uscio restava sbarrato, contro di voi venute sarebbero fiaccole e scuri. Dimmi dond’ebbe principio l’amor, veneranda Selene. Ora alla Dea di Cipro devo io prima rendere grazie, e dopo Cipride a te, che tratto m’hai fuor dalle fiamme, a questa casa tua chiamandomi, o donna, quando ero mezzo bruciato già: ché più della vampa d’Efesto che in Lipari arde, brucia sovente la fiamma d amore. Dimmi dond’ebbe principio l’amor, veneranda Selène. Spesso, con tristi furie, dal talamo fuor la fanciulla Amore spinge, spinge la sposa, che lascia le coltri tepide ancor dello sposo». Mi disse cosi; gli credetti le man gli strinsi, caddi reclina sul morbido letto. E presto corpo a corpo rendeva tepore, ed i visi eran più ardenti, più ardenti, scambiandoci dolci susurn.
E senza farti lunghi discorsi, mia cara Selène,