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24 | TEOCRITO |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu{{padleft:61|3|0]]
Ho conosciuto adesso. Amore che sia. Crudo Nume!
Di li’onessa il latte succhiò: lo nutrì fra le macchie
la madre,sua: ché m’arde, che in fondo mi penetra Tossa.
Occhi di grazia, pupilla d’azzurro, tòcco di burro,
abbraccia, Ninfa, questo capraro, ché un bacio ti scocchi:
anche nei vani baci si gusta serena dolcezza.
Tu farai si ch’io sfrondi, ch‘ io spicini questa ghirlanda
d’ellera, che preparai per te, mia soave Amarilli,
e v’intrecciai petrosello fragrante, e corolle di fiori.
Povero me, che farò? Tristo me, dunque tu non m’ascolti?
Butterò via la pelliccia, mi scaraventerò nel mare,
da quella rupe dove siede Opi alla caccia dei tonni;
a quando sarò morto, tu allora sarai soddisfatta.
Ieri, V avevo capita di già. Dimandavo se m’ami;
e del papavero il boccio percosso, non diede lo scoppio,
ma si schiacciò cosf, floscio floscio, sul molle del braccio.
Il vero detto già m’avea l’indovina del vaglio,
che quivi, presso a noi, coglieva le spighe: ch’io sono
di te perduto, e invece di me tu non fai verun conto.
Bianca una capra con due gemelli per te custodisco:
sempre la chiede a me l’ancella di Mèrnone bruna;
ed io glie la darò, perché tu fai con me la spocchiosa.
L’occhio diritto mi balza: che forse io la debba vedere?
A questo pino voglio poggiarmi cosf, vo’ cantare.
Forse, mi guarderà: ché poi, non è mica di ferroI