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IDILLIO VI 31

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Idilli di Teocrito (Romagnoli).djvu{{padleft:68|3|0]]IDILLIO IV 31

LODOLA
Noli! Ché talvolta, per Giove, su l’Èsaro a pascer la guido,
dove le porgo fasci di tenera erbetta: talvolta
sotto le fitte ombrie saltella di Monte Latimno.
BATTO
È magro anche quel toro bruciato. Potrebbe servire
ai paesani del figlio di Làmpria uno simile, quando
fan sacrifizio ad Era: ché quelli hanno il granchio alle mani.
LODOLA
Pure, al Malimna sempre lo spingo, e ai poderi di Fusco,
e su le rive del Neto, ove nasce ogni pianta più bella,
la calcatréppola, la pulicaria, la menta fragrante.
BATTO
Misero Egóne, ahi ahi!, le giovenche pur esse ne l’Orco
giù scenderanno, mentre tu agogni la trista vittoria;
e la sampogna che tu fabbricasti, si copre di muffa.
LODOLA
No, quella no, per le Ninfe! Egóne, partendo per Pisa,
a me ne fece dono: ed io son qualcuno nel canto.
Bene so io di Glauco suonare e di Pirra i preludi.
«Canto Crotóne, canto la bella città di Zacinto,
e il promontorio Lacinio, esposto a Levante, ove Egóne
pugilatore, da solo mangiò ben ottanta pagnotte,
e dalla forra stanò, ghermito allo zoccolo, il toro,

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