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XV.


La lettera di miss Yves mi aspettava all’albergo. È la sola che non ho conservata. La bruciai dopo averla letta e riletta infinite volte, in un impeto d’orgoglio, di gelosia, non potendo sopportare presso a me certe parole che mi dovevano guarire col ferro e col fuoco e solo mi mettevano una febbre amara, che conoscevo, che aveva prevista, che tanto più m’irritava quanto più ero sicuro di vincerla. Non mi ricordo l’esordio troppo bene. Miss Yves cominciava, mi pare, con attribuire in gran parte alla sorpresa il suo turbamento della sera precedente, e parlava poscia con gratitudine delle lettere in cui le avevo aperto l’animo mio: prometteva serbarne effettuosa memoria. Non dimenticai una sola delle parole che seguivano.

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