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XIX.


Vissi fino all’indomani mattina come un malato di terzana ardente che lavora con la torbida fantasia e non sa bene se goda o se soffra. Mi domandavo se il fiore dell’agave fosse veramente sbocciato a Belvedere di Lanzo, o se solo adesso incominciasse con tormento e con ebbrezza a lacerarmi l’anima per uscirne. Il mio amore per Violet si era fatto più intenso; la sua confessione ci aveva più avvicinati e stretti che nè lei nè io potessimo prevedere. E potevo io immaginare certe stranezze della mia natura? Avevo a difendermi, nel mio accoramento geloso, da un acre istinto che mi faceva desiderare Violet più impetuosamente perchè era stata tanto amata e aveva tanto amato ella stessa.

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