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194 | il mistero del poeta |
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Alla sera mi recai da Topler. Non c’era; c’era invece suo fratello. Lo avrei evitato volentieri, ma non mi fu possibile, perchè mi aperse egli stesso; parve felice di vedermi e mi fece le più vive istanze perchè entrassi. Non sapevo spiegarmi, sulle prime, tale inopportuna cordialità; poi intesi che avrebbe voluto parlarmi di qualche cosa e non sapeva venirne a capo. Finalmente, dopo non so quante cerimonie, mi confessò arrossendo che sperava molto nel mio aiuto per scegliere alcuni libri italiani cui aveva divisato di offrire in dono alla sua fidanzata. Gli risposi che non ero in grado di accontentarlo. Rimase, naturalmente, sorpreso o mortificato, e si scusò col solito ossequio. Egli aveva un’aria così modesta e buona nella sua timidezza! Lo sentivo migliore di me che stavo per togliergli il suo tesoro, la sua speranza, la sua felicità. Fu quasi una consolazione per me di pensare che Violet mi aveva detto «non può essere» che non ci eravamo accordati contro di lui a sua insaputa.
Volli dirgli che avevo necessità, per motivi urgenti, di parlare a suo fratello. Più tardi egli