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il mistero del poeta 31

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La guardai con ammirazione. «Proprio tutti?» replicai. Ella non rispose più, arrossì e sorrise come se mi avesse letto nel pensiero. Bevvi alla secchia della bella giovinetta, e partendo da Pellio pensavo che forse la sua piccola bocca, il suo piccolo cuore, le sue braccia di latte avrebbero potuto veramente guarire ogni male. Era forse lei l’idillio che cercavo, con un poco di dramma e di mistero? Quelle braccia così bianche non eran d’alpigiana ma di dea; λευκώλενος Ἥρη

Osservavo, salendo adagio fra le montagne, che la natura, mia vecchia amica, dopo due anni di silenzio, incominciava a parlarmi ancora. Bisogna essere un visionario inutile per sapere che gioia è questa di sentirsi in istato di grazia presso i sassi, le acque o le piante. Mi parve un segno che avrei finalmente potuto scrivere. Quando la montagna mi parla, il primo effetto n’è una dolcezza malinconica, un molle desiderio di sciogliermi nella vita delle cose; ma poi viene il fervore del concepire e la facilità dello scrivere. È lo stesso effetto che mi fa qualche volta Mendelssohn.

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