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il mistero del poeta 369

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Era in piedi, non mostrava di aver male alcuno e parlava, voltandomi le spalle, con un giovane signore a me sconosciuto. Vi era pure la signora Steele che, quando mi vide, mi venne incontro per trattenermi come aveva fatto suo marito. Violet parlava con veemenza a quel signore che l’ascoltava a quattro passi da lei, col cappello in mano, colla fronte alta e corrucciata.

Indovinai sul momento ch’era l’uomo di Wetzlar; egli pure mi vide e indovinò chi ero io.

Violet, al lampo che brillò negli occhi di lui, comprese, si voltò a me.

— Eccolo — disse; poi sorrise e soggiunse — venga — accennandomi del capo con uno sguardo così tenero e lieto che tutta la mia gelosia svanì e fui subito al mio posto, presso a lei.

— Un conoscente di Norimberga — mi disse Violet — il signor***. — Poi pronunciò il mio nome e soggiunse: — mio fidanzato. — Prese in pari tempo il mio braccio, vi si appoggiò tutta e salutò colui del capo senza stendergli la mano, dicendo:

— Addio, signore. Buona fortuna.

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