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il mistero del poeta | 385 |
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Poi si fece cupa, mi gittò le mani alla testa, mi baciò con impeto.
— Mio Dio! — esclamò. — Pensare che ti ho resistito tanto!
Le raccontai che io pure avevo fatto testamento, forse nel tempo stesso.
— Ah — diss’ella — se Dio ci facesse morir insieme! Non ho coraggio di pregarlo che faccia morir me prima perchè soffriresti tanto.
— Sia fatta la Sua volontà — diss’io.
— Sì, sì, sia fatta la Sua volontà, ma se io vado avanti non ti devi accorare, devi essere certo che sono con te, sempre. Con Dio e con te.
Passi e voci nel giardino; Violet si ritirò.
Erano Paolo Steele e il mio testimonio che non avevo mai veduto nè tampoco inteso nominare. Paolo aveva la faccia d’uno che ha giuocato qualche bel tiro al prossimo e se la gode; quell’altro, una figura gotica in giubba e cravatta bianca, con un palmo di collare sulla nuca e due braccia di coda sotto la schiena, con una tuba enorme da museo, aveva l’aria di sognare ancora e mi fece due o tre inchini rispettosi e spaventati come s’io fossi stato l’imperatore della China.