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il mistero del poeta | 405 |
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Adesso non la odo mai, in sogno, la dolce voce; e ben di rado veggo lei. Quando la sogno mai non mi apparve venuta da morti, ma sempre come nella vita prima; e ben di rado mi abbraccia e mi bacia come amante. Quando ciò avviene mi sveglio e mi dispero che non sia presso a me, non lo posso credere.
Sì, anche questo mi fa guerra, l’inestinguibile amore per il suo corpo. Vi hanno momenti in cui l’idea di una ventura trasformazione del suo corpo sia pure gloriosa, mi opprime. Vorrei che nella vita futura Violet avesse i suoi capelli ricciuti, i suoi occhi color dell’onda, le sue bianche mani, ah le sue labbra così dolci. Vorrei che avesse la sua stessa persona con quell’andatura stanca, la vita sottile che io cinsi, le braccia che cinsero il collo a me. Non sogno splendori, vorrei che non fosse più bella di quando era qui.
Ma so come son ciechi e stolti questi desideri, riconosco la impotenza del cuore e della immaginazione umana a concepire il nostro stato di futura gloria, credo che la essenza di ciascun corpo rimane riconoscibilmente, comprimo in questa fede i miei sensi, e riposo.