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82 il mistero del poeta

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  Ecco, superbo ascende il fior de l’agave,
Arde nel cielo splendido il mio sol;
Ebbra di fuoco, ebbra di luce l’anima
Spande l’ali e in tempesta agita il vol

  Se lunghe, amare furono le tenebre,
Degna è quest’ora tutto di soffrir.
. . . . . . . . . . . . . .

No, cuor mio, sta tranquillo, non si cambiano; il tuo primo getto della gioia infinita, eterna, non si tocca più.

Era fidanzata, aveva perduta la fede nell’amore, negli uomini, in sè stessa, forse. Tali difficoltà mi accendevano e non mi atterrivano. Ah, questo sì era uno spasimo, che avesse amato tanto, che non si potesse assalire il passato!

Stetti sepolto, non so per quanto tempo, nella poltrona dove si era seduta miss Yves; poi l’aspettai andando da una sala all’altra, vagando intorno all’albergo. Non so cosa si sarà detto di me, poichè mi sorprendevo io stesso a guardar fiso la gente, a parlar da solo. Passavano ore ed ore, miss Yves non veniva mai. Avrei voluto scriverle, ma tremavo che intanto scendesse, che mi sfuggisse. Verso l’ora del pranzo mi risolsi a preparar due righe nella sala di lettura.

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