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DEL TANSILLO. 7

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XII.


  Porta dunque il pentir troppo gran pena
A chi del fallo suo tardi si pente:
Ma quella via che a tanto error vi mena,
92E fa la vita vostra alfin dolente;
È l’empia ingratitudine che piena
V’ha del suo foco l’orgogliosa mente;
Quel foco, donne mie, ch’arde quà giuso,
96E secca il mar della pietà là suso.

XIII.


  E qual’ingratitudine si vede
Nel mondo che tra noi non sia maggiore?
La terra che a dar frutto il ciel vi diede,
100Con la pioggia del dolce nostro umore;
Per colpa vostra, secca, arida siede
E nel suo seno ogni erba, ogni fior muore;
Oh quanto spiace a donator gentile,
104Veder che nobil don si tenga a vile!

XIV.


  E con lei vien, qual rea compagna mista
L’alterezza che a Dio tanto è nojosa:
Questa inasprisce voi, le genti attrista,
108E nel regno d’Amor turba ogni cosa:
Onde non pur del cor, ma della vista
Vedo alcuna di voi scarsa e ritrosa;
Ch’avendo di sue grazie il ciel sì largo,
112Bramar dovría che in terra ogn’uom foss’Argo.

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