< Pagina:Il Vendemmiatore e La Priapea.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

DEL FRANCO. 73

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il Vendemmiatore e La Priapea.djvu{{padleft:81|3|0]]

XII.

Debbo parer la morte a chì mi vede
  Con questa falce in mano, ond’ ogni putto,
  Che a parte a parte va guardando il tutto,
  4Mi fugge in fretta, ed hammi poca fede.
Deh! brigate, per Dio, fermate il piede,
  Perchè a provarlo, assai più dolce è il frutto
  Ch’altri non stima, e poi cotanto brutto
  8Il diavolo non è, come si crede.
In somma ognun mi fugge, e senza posa,
  Stimando, che vedendomi bravazzo
  11Sia la pratica mia pericolosa.
Ma se parlar si deve, e non da pazzo
  N’han ben ragione, perchè nulla cosa
  14Mena a morir più gli uomini che ’l cazzo.


XIII.

Deh! donne, ove ne gite con furore,
  Come se dalla biscia foste morse,
  Sendo per l’orto mio poco trascorse,
  4Non avendoci colto appena un fiore?
Che cosa vi dà mai tanto terrore?
  Le tigri, o pur le lionesse, o l’orse,
  Overo il cazzo mio parvi egli forse
  8Il naso dell’Egnazio al colore?
Or se questo vi fa la vista schiva
  Voi sete fuor di tutte le ragioni
  11A desiar vaghezza in una piva.
Perchè tai cazzi son, come i meloni,
  Che quei che pajon vaghi in prospettiva
  14Mai per dritta ragion non escon buoni.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.