< Pagina:Il crepuscolo degli idoli.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

FEDERICO NIETZSCHE

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il crepuscolo degli idoli.djvu{{padleft:109|3|0]]

2.

Renan.— La teologia è la perversione della ragione per effetto del peccato originale (il cristianesimo). Ne è prova Renan, che non appena s’azzarda a un o a un no di ordine generale, sbaglia il colpo con una regolarità scrupolosa. Egli vorrebbe, per esempio unire strettamente la scienza e la nobiltà: ma la scienza fa parte della democrazia, questo è palpabile. Egli desidera rappresentare, non senza qualche ambizione, un'aristocrazia dello spirito: ma nello stesso tempo egli s’inginocchia davanti alla dottrina contraria: il vangelo degli umili. A che serve ogni libero pensiero, ogni modernità, ogni ironia, ogni flessibilità, quando, con le viscere, si è rimasti cristiani, cattolici, anzi preti? Renan possiede, proprio come un gesuita e un confessore, una certa facoltà inventiva nella seduzione; alla sua spiritualità non manca il largo sorriso bonario del pretume; come tutti i preti, egli non diventa pericoloso se non quando ama. Nessuno lo uguaglia nel suo modo di adorare: un modo di adorare che mette in pericolo la vita... Lo spirito di Renan, uno spirito che irrita, è una calamità di più per la povera Francia, ammalata nella propria volontà.


3.

Sainte-Beuve. — Non ha nulla che appartenga all'uomo; e pieno di piccolo odio contro tutti gli spiriti virili. Erra qua e là, raffinato, curioso, annoiato, in

    110 —

    [[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il crepuscolo degli idoli.djvu{{padleft:109|3|0]]

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.