< Pagina:Il diavolo.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

Soprusi, angherie e violenze del diavolo 147

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il diavolo.djvu{{padleft:155|3|0]]di Fermo, raccogliendo gli ammaestramenti di molti suoi predecessori, scriveva un libro ch’ebbe molta fortuna e molte edizioni, e che s’intitola Ars moriendi, l’Arte di morire.

Che la tentazione potesse ancora trovar luogo quando l’uomo era ormai fuor dei sensi e quando sembra dovesse avere tutt’altra voglia che di peccare, parrà strano a molti, e pure era così. Si racconta di un povero giovane di Loreto, che avendo sempre menato vita onestissima, da ultimo s’innamorò di certa donna, ed ebbe con lei peccaminoso commercio. Infermatosi improvvisamente, e giunto in fin di vita, piange contrito il suo fallo, e fa una devotissima confessione, tanto che coloro che lo assistono si tengono sicurissimi della sua salvazione. Ma all’ultimo momento, quando egli era già per spirare, ecco farglisi accosto il diavolo, sotto le sembianze della donna amata, e chiedergli con voce tronca dai singhiozzi: “Adunque mi abbandonerai tu, amor mio?„ Il poveretto, dimenticando a quella vista e a quelle parole sè stesso, preso da un ultimo spasimo di tenerezza, raccoglie quanto gli rimane di fiato e mormora: “Mai non ti ab-

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.