< Pagina:Il diavolo.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

Ancora l'inferno 333

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il diavolo.djvu{{padleft:341|3|0]]fine, tutta di donne peccatrici: il vento solleva ogni tratto quegli aerei lor corpi all’altezza di un cubito, e subito li lascia ricader sulle selle irte di chiodi roventi. Alla cavalcata s’accoda una schiera di ecclesiastici d’ogni condizione, e a questa tien dietro un esercito di cavalieri, vestiti di tutte le armi, cavalcanti corsieri grandissimi, e spieganti all’aria negri vessilli. Il prete ha con uno di quei cavalieri un colloquio che qui non importa riferire: il cronista Orderico afferma d’avere udito dalla stessa bocca di lui l’intero racconto.


Nell’Apocalissi detta di san Giovanni si legge che lo strazio dei dannati durerà nei secoli, e non avrà lenimento nè di giorno, nè di notte, e gli scrittori ecclesiastici sono unanimi in affermare che Dio abbandona affatto i dannati e si scorda di loro. San Bernardo dice esplicitamente, in uno de’ suoi sermoni, che in inferno non è luogo a indulgenza, come non è possibilità di penitenza. È questa la opinione fermata dalla rigida teologia dogmatica; ma ad essa un’altra opinione contrasta, suggerita da una

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.