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98 il dottor antonio

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il dottor Antonio.djvu{{padleft:102|3|0]] e quando un uomo va in un albergo, non va di certo coll’intenzione di occuparsi della gente di casa.»

— «Che avrei a far dunque per acquistare qualche conoscenza delle cose e degli uomini quando andrò in Roma un’altra volta?»

— «C’è solo un mezzo,» disse Antonio, «quello di mescersi a tutte le classi della società, e tener gli occhi ben aperti. Questo naturalmente non si può, nè si dee fare da una signorina.»

— «Vorrei non essere una signorina,» disse Lucy con fanciullesca impazienza, «se l’esser tale mi dee inceppare ad ogni passo. Ma, comunque, potrò cercare di ottenere informazioni.»

— «Sicuro,» rispose Antonio; «e poichè dite che tornerete in Roma, lasciate che vi dia un avviso opportuno. Non prestate mai, sotto qualunque pretesto o ragione, una delle vostre Bibbie protestanti a un romano.»

— «Perchè no? Mi diceste l’altro giorno che molti Italiani leggon la Bibbia.»

— «Verissimo; ma vi dissi nello stesso tempo che solo una traduzione è permessa. Se foste colta nell’atto di rompere il divieto di diffondere qualunque altra versione, potreste imparare a vostre spese che sorta di mansuetudine e di tolleranza faccia soave lo scettro del Vicario di Gesù Cristo. Quanto a quelli fra i miei compatrioti che si permettono leggere traduzioni proibite, lo fanno a proprio rischio e pericolo. Ma penso che di politica abbiamo avuto abbastanza. Debbo ora parlarvi delle mie grandi prospettive.»

— «Oh! sì, parlatene,» disse Lucy.

— «Era stato qui due anni, quando mi fu offerto ugual posto in una parte lontana del Piemonte propriamente detto. Il solo vantaggio sopra quello che tenevo, era pecuniario; essendone doppio l’emolumento. Ma d’altra parte, la città cui veniva invitato, era posta in una stretta valle, chiusa da montagne, umida in ogni stagione, freddissima l’inverno. Io che non aveva alcuna persona da sostenere, dovevo lasciare i miei cortesi e grati vicini, ciascun dei quali conoscevo già di vista e di nome? Doveva io rinunziare a quest’ampia estensione di splendida natura, che mi rallegra l’occhio e mi alleggerisce il cuore ogni qualvolta la guardo, e tutto per un po’ di vil danaro? Io non poteva. Sono un figlio dei paesi meridionali, malavvezzo. Ho bisogno d’aria, di luce, di calore. Vo matto di questo cielo — di questo mare. Non posso farne a meno: essi sono la mia vita.»

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