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le sicilie. 187

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il dottor Antonio.djvu{{padleft:191|3|0]] Nel regno precedente ogni cosa era stata venale; — in questo gli affari non andarono meglio; — che monsignor Cocle e Del Carretto facevan le parti del preceduto Cameriere e Camerista. La punizione delle legnate, conosciuta la prima volta in Sicilia durante l’occupazione austriaca del 1821, fu ristabilita sotto l’attuale amministrazione. Non passò molto, e tutte le recenti illusioni dei Siciliani svanirono. Il Governo parve desiderasse piuttosto avvelenare che sanare le vecchie piaghe. Del nostro Parlamento non si parlò più, quasi non fosse mai esistito: — era delitto il solo nominarlo. Eppure le tasse avevano sorpassato di gran lunga la somma fissata dal decreto del dicembre 1816; e tutto questo malgrado le promesse che non si sarebbero aumentate senza il consenso del Parlamento. Nel 1835 l’improvviso richiamo del conte di Siracusa colmò il malcontento popolare.

«Nella estate del 1836 apparì in Napoli il cholera. I regolamenti di quarantena fra Napoli e Sicilia erano stati sin’allora estremamente severi e vessatorii. Ma ora che il flagello terribile era proprio in Napoli, il cordone sanitario veniva trascurato e negletto; mentre era stato mantenuto con tanto rigore essendo il male lontanissimo, in Russia. Questo fece nascere l’opinione universalissima che fossero il Re e i Ministri d’accordo per lasciar invadere dal cholera la Sicilia. Pur troppo il contagio giunse presto in Palermo; e credo nessuna città ne fosse più crudelmente desolata. D’una popolazione di 170.000 abitanti, in un mese 21.000 perirono. Il terrore generale si tramutò rapidamente in generale delirio. Si sparse largamente l’idea che il Governo avvelenasse il popolo all’ingrosso. Anche un leggier sospetto di tal sorta appena nato, diviene presto matura certezza.

«Mario Adorno, uno di quelli che più fortemente avevano recalcitrato alla abolizione della indipendenza siciliana, colse l’occasione del malcontento diffuso; ed eccitata un’insurrezione in Siracusa, proclamò la Costituzione. Catania seguì immediatamente l’esempio: innalzò la bandiera siciliana, abbattè le statue dei Borboni, e formò un Governo provvisorio. Anco nella valle di Messina, e nelle piccole città adiacenti a Palermo, ove profondamente era radicata l’opinione di una congiura di avvelenatori, accaddero insurrezioni parziali. Del Carretto, fornito di poteri illimitati e accompagnato da un forte corpo di truppe, venne in Sicilia meno per conquistarla che per raccorre i frutti della vittoria: che al momento del suo sbarco era affatto cessata la rivoluzione; ed i Cataniesi alla notizia

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