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244 | il dottor antonio |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il dottor Antonio.djvu{{padleft:248|3|0]] chiatori e rumorosi, la cui violenza sola è stata cagione del peccato.
Sir John non ammise nè contraddisse la dichiarazione di Aubrey che lo riguardava; forse non era sicuro del modo con cui sarebbe stata accolta una spiattellata negativa da parte sua; o forse anche preferiva di essere indulgente in quel primo giorno di riunione. Solo prudentemente propose una levée en masse per ire in giardino ove prenderebbero il caffè. Ormai era passata l’ora della solita visita serale di Antonio, nè s’era veduto. — «Spero che il Dottore non vorrà mancar questa sera,» disse sir John dopo che ebbe consultato due o tre volte l’orologio. «La compagnia di mio figlio non è una buona ragione perchè io non abbia ad avere anche quella del mio amico. Desidero moltissimo che facciate la sua conoscenza, Aubrey — è persona eccellente, questo dottor Antonio, quanto altra ne abbia mai potuto incontrare — un vero gentiluomo: noi gli abbiamo infinite obbligazioni.» E sir John raccontò quindi di nuovo a suo figlio la storia del ribaltare e dell’opportuno ajuto dell’Italiano, già raccontatagli nelle varie lettere che gli scriveva in India; e riscaldandosi nell’argomento, proseguì estendendosi sulle instancabili attenzioni da Antonio prestate a Lucy, sulle ingegnose cure con cui aveva cercato di divertirla durante la confinazione di lei in casa. I libri prestati, le letture di botanica, le lezioni di chitarra, tutto fu riferito; e terminavasi il catalogo con quel colpo da maestro della poltrona mobile, inventata dal Dottore. Aubrey prestò a quei discorsi un’attenzione veramente edificante, e ne mostrò una gran soddisfazione: — soddisfazione resa molto più evidente dal piacere che questi particolari arrecavano alla sua cara sorella, sulla cui splendida fisonomia gli occhi del fratello si tennero fissi tutto quel tempo.
— «Mi sa mill’anni di stringer la mano a questa fenice dei dottori,» disse Aubrey, «e fargli le scuse della mia rozzezza. Suppongo che era quegli che ho trovato qui stamattina?»
— «Sì,» disse Lucy.
— «Che ne direste,» continuò Aubrey parlando a sir John, ma guardando a sua sorella: «se andassimo noi a metter le mani addosso a questo vostro amico smemorato, e lo portassimo qui prigioniero? — Ah! ah! ah!»
— «Oh! sì!» disse Lucy cogli occhi brillanti, e internamente accusandosi con ogni sorta di brutti nomi per aver così mal giudicato il fratello. Avendo sir John acconsentito, il capitano Davenne accese un altro sigaro, e usci-