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254 | il dottor antonio |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il dottor Antonio.djvu{{padleft:258|3|0]]cupazione quotidiana. Incapace di resistere alla corrente, che altro aveva a fare se non abbandonarvisi mezzo contenta e mezzo disgustata?
Antonio intanto, per quanto facesse, non poteva non pensare continuamente a Lucy. La splendida stella un momento brillante sopra il suo orizzonte, era da gran tempo tramontata per sempre; ma i suoi occhi guardavano ancora fissi sulla striscia di luce che si aveva lasciato indietro. Sia che in sua casa stesse assorto, seduto in quella medesima poltrona immaginata per la sua cara malata; sia ch’egli andasse fuori a’ suoi soliti ufficii, gli si parava sempre innanzi quel caro viso al girar di ogni cantonata, e lo inseguiva in ogni sua corsa. Tutto intorno a lui era pieno di lei; la piccola libreria di cui aveva a lei prestati i libri, ancor caldi del tocco delle sue mani: e il flauto e la chitarra tanto volentieri suonati per il divertimento di lei; e la carta della Sicilia recatale la prima volta, quando erasi affezionata al di lui paese: e i fiori datigli da lei, conservati religiosamente; tutto pareva gli domandasse: «Dov’è.» Stanco di guardar in un libro su cui invano aveva cercato di fissar l’attenzione, se Antonio si alzava e guardava fuor della finestra, per prima cosa i suoi occhi incontravano il casino del Conte, ove tante e tante volte l’aveva accompagnata. Più in là, il ricco pino d’Italia spandeva i suoi verdi rami, alla cui ombra erasi assisa cercando di abbozzar le coste di verso Francia. Più in là ancora, stava al sole risplendente la gran pietra gialla, d’onde con gran spavento di Lucy, aveva veduto uscire una serpe grossa come il dito mignolo di lei. E più in là ancora, in quella svolta, Lucy erasi fermata a raccogliere, per darla a lui, una sottile e bianca conchiglia lasciatavi dalle acque. Peggio ancora quando la sua professione chiamavalo dall’altra parte del promontorio. Quale cumulo di memorie gli si ridestavano alla vista della osteria, vecchia, rossastra, corrosa dal tempo, con quella massiccia loggia, e col piccol giardino, e colla spiaggia ghiajosa! Nè un palmo di terra che non fosse santificato da qualche memoria di lei! Passava la rapida scesa della strada, ivi egli l’aveva vista la prima volta, pallida come la morte; ma tanto amabile in quel pallore, che erasi maravigliato potesse esistere sulla terra una simile creatura. Ivi ella gli aveva sorriso dolcemente, ordinando egli che rivolgessero la lettiga. Ivi, nel primo seno della collina, dietro la casa, un giorno, dopo il tramonto, ella aveva scoperto la prima lucciola della stagione, e ne era andata in estasi dal piacere. Non un sentiero ch’essi non avessero calcato in-