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l’osteria. | 41 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il dottor Antonio.djvu{{padleft:45|3|0]] una stanza tollerabilmente larga, che serve nello stesso tempo di sala, di studio, di libreria: e sulla quale si apre una piccola camera da letto. Un lato della sala è coperto interamente di scaffali ripieni di libri; una mezza dozzina di sedie, e una tavola mediocre completano la mobilia. Nel lato opposto agli scaffali pende un flauto e una chitarra, due fioretti, alcuni guanti e maschere da scherma; e sotto queste sta la carta della Sicilia. Libri stanno sparsi sulle sedie, per terra, per tutto; e ce n’è un monte sulla tavola, innanzi la quale sta seduto il nostro eroe, accarezzandosi la barba coll’occhio fisso su di un libro che assorbe tutta la sua attenzione. Fra le pagine stampate vi sono incisioni di gambe, sotto tutte le forme di fratture, e con ogni varietà di modi di accomodarle e fasciarle. Di tratto in tratto il dottor Antonio s’alza, passeggia su e giù per la stanza in atto di profonda meditazione; va agli scaffali, prende un grosso in-foglio, e sembra stia confrontando note. Le ore corrono rapidamente, ed egli rimane a studiare, e ad accarezzarsi la barba. Ora guarda al suo orologio, e fa un’esclamazione di maraviglia nel vedere come il tempo è passato: prende il lume come per andar a letto nella camera attigua, poi si ferma subitamente; posa giù di nuovo il lume, e se ne va di nuovo allo scaffale. C’era ancora un punto sul quale non si è ancora capacitato; c’è una complicazione che può nascere, e che ancora non ha trovato menzionata.
La luce dell’alba penetrando a traverso la finestra, lo trovò ancora in lettura. Alla fine chiuse il libro, smorzò la lampada divenuta inutile, e, vestito com’era, si gettò sul letto.
CAPITOLO III.
Sir John Davenne.
Il Baronetto sir John Davenne, quinto di questo nome, aveva ereditato, colle sue terre paterne, una cosa del pari posseduta dalla sua famiglia, ed egualmente trasmessa di generazione in generazione con gran cura; dico il ticchio di un orgoglio tracotante ed esageratissimo; orgoglio di razza, che si traducea in una specie di culto per ogni persona, che nel grado il più remoto potesse pretendere pa-