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Elena fu per dire: — Ma possibile che Ciriaco non sappia far altro che la marionetta? — ma sorrise e tacque.
— Se avesse veduto la caricatura di De-Cerere! — disse l’avvocato. Poco dopo capitò il giudice, e quasi quasi succedeva uno scandalo.
— Ma io credo che De-Cerere non meriti alcuna caricatura! — esclamò Elena con qualche fierezza, che confuse il giovine.
Giovanna, avendo udito il nome di Paolo attraverso il canto disperato del biondo, s’alzò inquieta e s’avvicinò ad Elena. Sentì l’avvocato che diceva:
— Sa che è traslocato?
— Chi?
— De-Cerere.
— Oh! — esclamò Giovanna stupita. — Se era qui stasera! E non ci disse nulla.
— Il decreto è arrivato stasera — disse il giovane cortesemente. — Certo egli non lo sapeva ancora. È stato nominato presidente. Sarà lietissimo.
Elena e Giovanna si guardarono.
— E per dove?
L’avvocato nominò una piccola città meridionale del continente.
In quel punto finì la cantata dell’impiegato, ma, cosa triste, nessuno l’applaudì: il Ciriaco per invidia, Peppina per non scomporsi, donna Francesca e la signora Marchis per la stessa