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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Il tesoro.djvu{{padleft:170|3|0]] spettro, un’ombra, un ricordo amaro le passasse davanti, il suo viso s’oscurava e le sue labbra assumevano quell’increspatura dolorosa che colpiva vivamente il padre. Allora egli si pentiva della sua innocente gelosia, e avrebbe voluto, a costo di morirne di crepacuore, che Maria ridesse e chiacchierasse sempre e con tutti.

— Sei stanca? Vuoi che ce ne andiamo? — le chiedeva.

— Come vuoi.

— No, se ti diverti ancora. — Essa faceva una smorfietta d’indifferenza. — Allora andiamo.

E benchè egli avesse desiderio di restare, l’avvolgeva bene negli scialli, se la pigliava sotto braccio e tornavano a casa.

Lungo la via, al buio, avrebbe voluto dirle cose allegre e confidenti, ma il silenzio di lei, l’immobilità del suo braccio gli toglievano il coraggio di parlare.

Un giorno venne in casa Spina una signora, dicendo che il sabato seguente c’era ballo al circolo, e siccome Maria non dimostrava entusiasmo, esclamò:

— Ma signor Spina, che razza di fanciulla è sua figlia? Eccola lì fredda come il ghiaccio! Alla sua età una notizia simile mi faceva saltare per la gioia!

— Eh, Maria non salta — diss’egli. — Ma anzi ora è allegra. Se la vedesse in certi momenti!

Ella sentì un lieve accento di rimprovero e di

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