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— Non posso star ferma....

— Ah, non puoi! Perciò cosa ti dicono?...

Alludeva allo scherzo di Salvatore, e lei lo comprese, e richiamata al suo dolore, proruppe improvvisamente in pianto.

Sedendosi al focolare aveva ancora voglia di piangere, ma le interrogazioni di Costanza l’avevano distratta; ora il rimprovero di zia Agada toccava così al vivo la piaga che il dolore scoppiò più forte quanto più improvviso e represso.

— Che demonio hai? — gridò Costanza meravigliata. E Agada chiuse gli occhi per non ridere e disse:

Allora Costanza comprese, e rise altamente, un riso pieno, beffardo e sonoro simile a quello di Salvatore: però egli ridendo diventava brutto e deforme e la nipote bellissima. Aveva magnifici denti e splendidi occhi che il riso rendeva lampeggianti.

Cicchedda s’irritò maggiormente, e il suo singulto vinse lo squillo sonoro della risata, in modo che Costanza ne ebbe pietà e smise: ma l’altra continuò a singhiozzare, contorcendosi tutta e tirandosi i capelli.

— Lo fa apposta! — pensò Costanza, e cercò di consolarla ironicamente; ma Cicchedda peggio.

— Si potrebbe sapere cosa diavolo hai? Farai entrar la pattuglia, perchè pare che ti stieno impiccando! — le gridò Costanza, ma non ci fu

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