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XIII.


In tutti quei giorni le lettere di Paolo si seguirono febbrilmente; egli doveva soffrire, e nel silenzio d’Elena, dopo la calma relativa portatagli dall’ultima lettera di lei, uno strazio senza misericordia lo investiva e lo struggeva. Mostrava una fede illimitata in Elena, e nella sua tempesta si aggrappava a lei come ad un’àncora di salvezza; pareva non dubitasse menomamente della carità, della pietà di lei, e le apriva tutto il suo cuore sanguinante.

Ma ella taceva.

Esitava prima di aprire le lettere e impallidiva nel riceverle: ancora prima di leggerle si sentiva serrare il cuore, e leggendole provava un intenso dolore, poi piangeva, restava esangue e sofferente, ma non rispondeva.

Eppure le aspettava ansiosamente, e sentiva che il giorno in cui Paolo avrebbe cessato di scriverle — e questo doveva accadere necessariamente, dato il silenzio di lei — non avrebbe più retto al dolore.

Ma egli le raccontava troppo spietatamente le sue vicende, le narrava il tradimento di Sara con

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