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— Male, molto. Figurati che non ci ha riconosciuti; l’ho toccata in fronte, dicendole: — Maria, come ti senti? — e non mi ha risposto.

— Poverina! Ci vado io a visitarla?

— Sì, è proprio necessario! — disse l’altra con ironia triste.

Domenico correva per il cortile a cavallo di una canna, gettando dei piccoli stridi allegri: Salvatore lo guardava con melanconia, con tristi presentimenti. Infatti da quel giorno le notizie di Maria si fecero sempre più gravi. Ogni sera i Brindis si dicevano:

— Non passerà la notte.

E invece passavano i giorni, ma sempre senza speranza. Erano febbri putride giunte all’ultimo stadio, e l’agonia della malata si prolungava.

— È questione di poche ore — disse Agada il quarto giorno. — Non inghiotte più, non vede, non sente. Si contorce tutta e ci vogliono tre uomini a trattenerla, altrimenti si rompe la testa.

Invece passarono altri tre giorni: i Brindis andavano e venivano, senza aver più la testa a posto, e Cicchedda faceva da padrona di casa.

— E mamma non torna, e babbo non porta caballino a Domenico? — domandava il bimbo.

— Domani, cuoricino mio, domani....

Ma questo domani non arrivava mai; i medici prolungavano la vita di Maria con delle iniezioni, ma Salvatore le trovava crudeltà, per-

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