< Pagina:Irving - Lo straniero misterioso (1826).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
30

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Irving - Lo straniero misterioso (1826).djvu{{padleft:34|3|0]]s’avvisò mai manifestare trattando meco quella stranezza e quella prepotenza che io gli vedea talvolta usare con altri da lui considerati suoi inferiori. In somma divenimmo intrinseci amici e assidui compagni. Tuttavia mi piacea qualche volta star solo, e dar carriera ai delirii della mia immaginazione attorno alle deliziose scene che ne circondavano.

Dominava questa villa sopra una vasta veduta del Mediterraneo e delle pittoresche liguri coste; sola in mezzo a giardini vagamente ornati di statue e fontane e che terminavano in boschetti, in ombrosi viali, in selvosi diradamenti foggiati dall’arte: tutte vaghezze che, vedeansi quivi ordinate acconciamente allo scopo di dilettare i sensi e di porgere gradevoli intertenimenti alla fantasia. Allettato dalla tranquillità di questo amabile ritiro, le tempeste del mio animo a grado a grado sedavansi, e confondendosi esse con gl’incanti romantici, sempre possenti su la mia immaginazione, si generò nel mio animo un sentimento di molle, voluttuosa malinconia.

Non era trascorso lungo tempo del mio soggiorno sotto il tetto del Conte, quando la nostra solitudine venne animata da un nuovo ospite, o da una nuova ospite per dir meglio, figlia di un defunto parente del Conte, il quale, trovandosi in anguste circostanze, all’istante del morire legò al congiunto la cura di farle da padre. Su l’avvenenza di questa giovane io avea udite molte cose da Filippo, ma la mia fantasia era sì preoccupata dall’idea di una sola beltà, che verun’altra non ammettevane. Ci trovavamo nella grande sala centrale di quel palagio ad aspettare l’arrivo della novella ospite. Avvicinatasi essa, tuttavia vestita da lutto; il Conte le dava braccio entravano già sotto il gran porticato di marmo; e fecero tosto impressione su me la leggiadria della persona e del portamento della donzella, e la grazia onde il mezaro, velo magico delle donne genovesi, si ripiegava attorno alle snelle sue forme. Giunsero nella sala. Dio! Dio! qual fu la mia sorpresa nel vedermi Bianca di-

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.