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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Irving - Lo straniero misterioso (1826).djvu{{padleft:54|3|0]]convertì in una permanente infermità mentale, infermità delle più orribili, con coi la celeste maledizione abbia percosso mai uno sciagurato mortale. Ovunque io andassi parea che l’immagine dell’uomo da me trucidato mi fosse addietro. Ad ogni volgere di capo, io mel vedeva alle spalle, sformato da quelle stesse contorsioni che me ne rendettero sì tremendo l’aspetto nell’istante della sua morte. Io avea provata ogni via per sottrarmi alla visione orribile di questa fantasma, ma invano. Fosse illusione della mia mente e conseguenza degli spaventi di cui fu imbevuta ne’ primi anni della mia educazione nel chiostro, o fosse un vero fantasma spedito dal Cielo per punirmi, è quel che non saprei dire; ma certo ovunque io fossi la fatal visione trovavasi... io tutti i tempi... in tutti i luoghi... Non decorso d’anni, non cambiato tenore di vita mi assuefecero ai terrori che il malauguroso spettro inspiravami. Ho viaggiato di paese in paese... sperimentato divagamenti, ricreazioni di tutti i generi... tutto... tutto fu invano. Ricorsi al mio pennello, come ad un’ultima prova. Ah! io dipignea con esattissima somiglianza l’immagine del mio fantasma persecutore. Mi posi dinanzi agli occhi questo fatale ritratto pur mosso dalla speranza che il costante contemplare la copia diminuisse l’orrore inspiratomi dall’originale. Non feci che raddoppiare, anzichè scemare, la miseria che m’opprimeva. Tale era la maledizione congiunta ad ogni mio passo, che mi sembrava un peso la vita; pur mi atterriva il pensier della morte. Dio sa quello che ho sofferto; e quanti giorni e giorni e notti e notti ho passato fra tormenti che non avevano posa; egli sa qual verme non soggetto a morir mai ha continuato sempre a divorarsi il mio cuore, qual inestinguibile incendio ad avvampare la mia povera immaginazione. Egli sa quali flagelli hanno percossa la mia sciagurata debole esistenza convertendo il più soave e tenero degli affetti nel più mortifero de’ furori; e più d’ognuno egli sa se questa misera creatura peccatrice abbia finalmente per tormenti senza ter-