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48 | parte prima. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Jessie White La miseria di Napoli.djvu{{padleft:62|3|0]]matrimonio, anche se questa rifiuti altro sposo. E la donna va orgogliosa della cicatrice: segno che fu amata!
Ma per i lazzaroni la terribile piaga della prostituzione non riveste quel carattere vergognoso, che in altre parti del mondo, e anche nel mondo dei galantuomini di Napoli stessa, segrega le prostitute dal resto della convivenza cittadina, e le costringe a menar vita e dà loro costume e abitudini e gusto a parte.
La prostituzione nelle infime classi è un mestiere come un altro; non ha nulla di particolare; permette perfino di essere buona madre di famiglia.
Di giorno le prostitute vivono come tutte le altre donne: lavorano un po’, ciarlano, hanno famiglia, hanno figli, e non sono punto sfuggite dalle non prostitute. Il mestiere notturno è in coscienza loro onesto, quanto onesto il furto.
E come possedere idee di moralità? Vivono nelle stesse camere varie famiglie: dormono nello stesso letto padre, madre, fratelli, sorelle. Al teatro anatomico, ove si sezionano i cadaveri dei poveri che non pagarono il mortorio, fra le ragazze dai dodici anni in se non si notò nessuna vergine.
Questo stato di cose, il fatto che nessun galantuomo-sposerebbe e nemmeno sedurrebbe una lazzarona (fatto non verificatosi nemmeno fra schiavi e bianchi in America, ove invece il solo nome del bianco negavasi alla negra e alla creola), spiega la deteriorazione della stirpe. Chi non passeggia che per Toledo e per Chiaia, esclama: «Che superba stirpe questi Napolitani, siano essi poveri o ricchi, operai o signori!» Ma ove