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la citta' del sole. | 137 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'Utopia e La città del Sole.djvu{{padleft:161|3|0]]non esisteva ciò che fu fatto. Così pure dall’Ente e dal Niente prende essenza l’essere finito. Parimente dalla tendenza al non essere trae origine il male ed il peccato. Il peccato quindi ha una causa di deficienza e non di efficienza. Per causa deficiente intendono la mancanza di potenza o di sapienza o di volontà. In questa ultima soltanto collocano il peccato, poichè chi sa e può beneficare, debbe anche volerlo, nascendo la volontà dalle due prime, e non quelle da questa. Essi adorano Dio nella trinità, e ciò fa meraviglia, ma dicono che Dio è somma Potenza dalla quale procede la Somma Sapienza, che insieme è pure Dio, e da ambedue poi l’Amore, che è Potenza e Sapienza, quantunque il procedente non abbia l’essenza di quello da cui procede e non recede. Non hanno però distinte nozioni delle tre nominate persone, come i cristiani, non avendo essi avuto rivelazione, ma conoscono esservi in Dio procedimento e relazione propria a sè, dentro a sè e per sè. Tutti gli enti quindi derivano l’essenza dalla Potenza, Sapienza ed Amore in quanto hanno l’essere; e dall’Impotenza, Ignoranza e Disamore in quanto partecipano al non essere: e per le prime acquistano merito, per le seconde peccano, sia con errori naturali originati dalle due prime, sia con offese contro il costume e l’arte derivanti da tutte tre, o soltanto dal terzo, e perciò anche una speciale natura pecca per ignoranza ed impotenza quando produce un mostro.
Del resto tutto questo è preconosciuto ed ordinato da Dio, nemico d’ogni nulla e forza potentissima, sapientissima ed ottima. Ente alcuno non peccando in Dio, pecca fuori di Dio; ma fuori di Dio è impossibile andare se non da noi, e per riguardo nostro, non già a causa di lui, e per riguardo suo, perchè in noi v’ha deficienza, in Dio efficienza. Il peccato adunque è atto di Dio in quanto ha non entità, e solo deficienza nella quale consiste l’essenza del peccato, è dentro noi ed è opera nostra, i quali tendiamo per una forza di disordine al non essere.