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libro secondo. | 69 |
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Della guerra.
Gli Utopiensi hanno sommamente in abbominazione la guerra, come cosa d’animali, di cui però niuno così lungamente guerreggia, come l’uomo: nè tengono altra cosa più biasimevole, che la gloria acquistata coll’armi. E quantunque si esercitino nella milizia non solamente i maschi, ma le femmine ancora a certi giorni, per non essere al combattere inetti, quando fosse il bisogno; tuttavolta non si mettono a guerreggiare inconsideratamente, ma solo per difendere i loro confini, o per liberare dalla tirannia e servitù qualche misero popolo. Benchè talvolta porgono aiuto agli amici, non solamente perchè si difendano, ma eziandio perchè ricompensino le avute ingiurie. Questo però fanno, essendosene dimandato loro consiglio, prima che si venga alle armi, ed ove sia provata la causa per giusta; cioè quando gl’inimici di quelli, facendo correrie, abbiano condotto via il bottino, e, ridomandato, non l’abbiano voluto rendere. Ma guerra più atroce intraprendono, quando i loro mercanti sono maltrattati o calunniati ingiustamente appo le altre nazioni. Tale fu quella che fecero, poco avanti la nostra memoria, pei Nefelogiti[1] contra gli Alaopoliti[2], i quali avendo maltrattato i mercanti dei Nefelogiti sotto colore di osservare le loro leggi, furono con la guerra, sanguinosa però d’ambe le parti, di maniera afflitti, che moltiplicando le calamità, caddero in servitù de’ Nefelogiti medesimi; perchè gli Utopiensi combatterono per questi, e non per proprio interesse. Così gli Utopiensi prendono atroce vendetta delle ingiurie fatte agli amici anco nei danari, ma non tanto fieramente vendicano le proprie; perchè se gli uomini loro per qualche inganno perdono i beni, purchè non sia lor fatto violenza nei corpi, si contentano