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96 PARTE SECONDA CL. III.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|L'aes grave del Museo Kircheriano.djvu{{padleft:112|3|0]]na racchiuso in quella ruota è forse meno insussistente. Anzi se al vero si appponesse, ne sarebbe indubitata prova, che nell’intenzione di que’ popoli il nome d’una seconda città si riman come chiuso nella bipenne della Tavola IV. Il genio non molto civile né molto umano de’ romani chiamò Volaterra l’antica Velatri, intitolò Cortona l’antica Crutun o Ruta, e disse Clusium l’etrusco Chamars. Quando fosse giusto il nostro pensiero, minor guasto dagl’incivili conquistatori avrebbe sofferto il nome Perusia che in origine non era forse che Ferusia.

Alla greca etimologia riportatata dal Lanzi, noi sostituiremmo quella tanto più semplice e naturale del verbo ferio, il quale, non potendosi in niuna guisa mostrare di origine greca, lascierebbe luogo a credere, che fosse proprio degl’itali primitivi, e quindi comune a’ latini ed etruschi. Ad esprimere la vera forza della voce Ferusia non era facile il trovare un simbolo più efficace della bipenne, arma che con doppio taglio si adopera a ferire: anzi forse con un medesimo nome gli etruschi chiamavano e la città di Ferusia e la bipenne.

Il nostro pensiero vorrebbe essere confortato col fatto del frequente ritrovamento di cotali bipenni nel territorio perugino. Ma tranne l’osservazione del numero prevalente di ruote fatta da noi nel medagliere cortonese de’ Coltellini, non abbiam per ora da poterci ajutare con questa sorta di dimostrazione né rispetto alla bipenne, né rispetto al vaso e all’ancora delle tavole seguenti. D’altronde la nostra stanza è troppo lontana da quella parte d’Etruria; d’onde ancorché ci venga talora una qualche moneta etrusca, è ben difficile che sia accompagnata dalle indicazioni delle precise località ove sia stata rinvenuta. Persuasi che spesse fiate il particolare terreno, dalle cui viscere esce l’antico monumento, è quasi l’unica fonte di luce che ne rischiari i reconditi sensi, i letterati di quella città si terranno quind’innanzi in maggiore attenzione. Noi di lontano e con ingegnose congetture li poniam su la via che li conduca ad accertare quale in particolare sia la loro moneta antica: ad essi rimane il confermare o rifiutare co’ fatti i nostri pensamenti. Ma non imaginino di potere in breve spazio di tempo venire a capo di sì importante ricerca. Rare possono dirsi le monete di queste sette tavole, singolarmente quelle dell’anfora senza piede e della seconda ancora. Non saranno certamente necessarie le tre generazioni de’ Coltellini: ma pur vi vorrà un buon giro d’anni, una costante attenzione ed una giusta fermezza di raccogliere tutte le monete che truovansi nel paese, o almeno di tenere di tutte un esatto conto, per pronunziare quel giudizio che qui si rintraccia.

Le tre lettere rilevate sul rovescio de’ tre nostri assi e delle parti minori sono il , il e il v. Scarsa o nulla è la nostra intelligenza, ove trattasi d’interpretare il senso delle intere voci etrusche: molto più aspro e duro ne pare il segreto di questi tre elementi.

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